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Cyberattacchi nordcoreani e laptop farming: minacce allo smart working

Adattarsi alle nuove minacce digitali del lavoro remoto per proteggere dati e infrastrutture vitali

Il "laptop farming" è un attacco informatico nordcoreano che infetta laptop usati per smart working, creando accessi nascosti alle reti aziendali. Le aziende devono controllare la catena di fornitura hardware e formare i dipendenti per difendersi efficacemente.
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Nel panorama della sicurezza informatica globale, una nuova modalità di attacco prende forma sotto il nome di "laptop farming". Questa tecnica è stata recentemente attribuita a gruppi hackers legati alla Corea del Nord, che hanno sfruttato l'emergenza dello smart working per infiltrarsi nelle reti aziendali statunitensi. Sfruttando la diffusione massiccia dei dispositivi portatili personali forniti o utilizzati dai dipendenti a distanza, questi attaccanti hanno individuato un punto vulnerabile, capace di bypassare molte delle tradizionali misure di sicurezza implementate nelle infrastrutture corporate. Il fenomeno, benché relativamente recente, evidenzia come le dinamiche lavorative mutate in seguito alla pandemia possano trasformarsi in opportunità per chi ha intenzioni malevole.

Come funziona la tecnica di laptop farming e quali rischi comporta per le aziende

L'approccio tecnico alla cosiddetta laptop farming consiste nell'infettare una serie di laptop destinati a lavoratori da remoto con malware avanzato, spesso durante la fase di produzione o distribuzione dei dispositivi. Questi malware, una volta attivati, creano backdoor nell’endpoint, permettendo al gruppo nordcoreano di penetrare nelle reti interne incluso l’accesso a database sensibili e sistemi critici aziendali. L’uso di laptop personali o forniti dall’azienda senza controlli approfonditi ha intensificato la diffusione di questa minaccia, venendo così sfruttata la disattenzione nella politica di gestione dei dispositivi mobili. La conseguenza diretta è un aumento esponenziale dei danni potenziali, che spaziano dal furto di proprietà intellettuale a complicate intrusioni e spionaggio industriale.

L’evoluzione della cyber-minaccia nordcoreana dettata dalle opportunità dello smart working

La Corea del Nord ha dimostrato una capacità notevole di adattarsi ai cambiamenti della società globale per affinare le proprie strategie cyber. Con il diffondersi dello smart working, infatti, il regime ha messo a punto tecniche più sofisticate, introducendo malware nei laptop prima che raggiungano i lavoratori, bypassando così firewall e sistemi di rilevazione tradizionali. Questo cambio di tattica è stato facilitato dall’uso estensivo di fornitori terzi e distributori di hardware, canali indiretti spesso meno controllati dalle aziende. Le organizzazioni colpite hanno pertanto scoperto che la vulnerabilità non risiede solo nelle configurazioni di rete, ma anche nella catena di fornitura dell’hardware stesso, portando a una revisione urgente dei protocolli di sicurezza e della gestione dei dispositivi remoti.

Strategie e contromisure per proteggere la sicurezza delle reti aziendali dallo smart working

Per rispondere efficacemente a questa minaccia, le realtà aziendali devono adottare un approccio multiplo e integrato, focalizzato su controlli più stringenti nella catena di fornitura hardware, verifica approfondita dei dispositivi prima del loro utilizzo e implementazione di soluzioni di sicurezza endpoint avanzate. È fondamentale anche promuovere formazione continua per i dipendenti, sensibilizzando sui rischi derivanti dall’utilizzo di dispositivi non certificati o non protetti adeguatamente. Le strategie più efficaci combinano tecniche di intelligence sulle minacce con strumenti di monitoraggio in tempo reale, capaci di individuare anomalie e attività sospette. L’adozione di questi interventi rappresenta la base per una sicurezza più resiliente, capace di fronteggiare le nuove sfide imposte dall’evoluzione del lavoro digitale.

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06/09/2025 07:00

Marco Verro

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