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La verità nascosta dietro le cyber minacce: propaganda o realtà?

I limiti e le verità nascoste sulla cyberguerra tra Russia e Ucraina

La cyberguerra è spesso esagerata nei media. Studi del Politecnico di Zurigo mostrano che gli attacchi informatici non hanno l'efficacia strategica spesso attribuita loro. La narrativa mediatica tende a sovrastimare l'impatto di questi attacchi, spesso senza prove concrete e obiettive.

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La cyberguerra è spesso descritta come uno dei conflitti più significativi del XXI secolo, con numerosi esperti che hanno predetto una guerra cibernetica tra Russia e Ucraina capace di devastare economie senza la necessità di interventi militari tradizionali. Tuttavia, uno studio del Center for Security Studies (CSS) del Politecnico federale di Zurigo sfida queste previsioni, sottolineando i limiti pratici degli attacchi informatici o "operazioni ad effetto cyber". Nonostante la narrativa popolare, le prove empiriche dimostrano che tali attacchi non hanno l'efficacia strategica attribuita loro, fallendo sia nel sabotare equipaggiamenti militari, sia nel perturbare le comunicazioni durante il combattimento. Essenzialmente, non esiste una correlazione dimostrata tra le operazioni cibernetiche sponsorizzate dalla Russia e vantaggi tattici significativi.

Origini oscure degli attacchi e affidabilità delle fonti

Uno degli ostacoli principali nella comprensione della cyberguerra è l'incertezza sulle origini degli attacchi. Le aziende di cybersecurity spesso si basano su fonti terze, rendendo difficile attribuire con precisione gli attacchi a specifici attori statali. Prendiamo ad esempio il caso di CrowdStrike nel 2016, che attribuì erroneamente a Fancy Bear, un gruppo presumibilmente legato all'intelligence russa, un'infiltrazione nel sistema di artiglieria ucraino. Tale informazione si è poi rivelata estremamente esagerata o addirittura falsa. Questo solleva importanti dubbi sull'affidabilità dei resoconti mediatici e sulla tendenza a puntare il dito verso la Russia senza prove concrete.

Attacchi cibernetici e propaganda mediatica

Dal famoso attacco informatico contro l'Estonia nel 2007, i media occidentali hanno frequentemente accusato la Russia, spesso senza riscontri empirici sufficienti. Anche in questo caso, solo un indirizzo IP su migliaia risultò collegato a un computer governativo, e il colpevole effettivo fu un giovane attivista russo agendo in modo indipendente. Questo episodio dimostra quanto le narrative mediatiche possano distorcere la realtà, attribuendo attacchi a stati-nazione quando potrebbero essere azioni di singoli individui o collettivi non governativi. La tendenza a creare narrative complottiste amplifica artificialmente l'effetto percepito di questi attacchi, piuttosto che basarsi su un'analisi oggettiva dei dati disponibili.

Conclusioni del CSS e la propaganda della cyberguerra

Il CSS del Politecnico di Zurigo rileva che la maggior parte degli attacchi attribuiti alla Russia, in realtà, ha avuto un impatto limitato e localizzato, non influenzando significativamente i conflitti. Come dimostra lo studio dell'Università di Adelaide, le cyberattività ucraine erano già intense prima dell'invasione russa, segnalando una preparazione premeditata. Questo contraddice la narrativa che vede la Russia come l'aggressore principale nel cyberspazio. Inoltre, incidenti spesso imputati alla cyberguerra possono essere il risultato di problemi di gestione interna. La retorica mediatica che esagera il peso degli attacchi informatici russi serve più a fini propagandistici che a riflettere la realtà, è necessario quindi un approccio più critica e basata sui fatti nell'analizzare questi eventi.

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25/07/2024 08:19

Marco Verro

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